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Il Mattone

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Storia e tecnologia della fabbricazione dei mattoni

Generalità

Il mattone è un elemento ceramico utilizzato sin dall’antichità nell’edilizia, solitamente a forma di parallelepipedo, fatto di argilla cotta o fango essiccato. Il termine laterizio spesso associato al mattone o in alternativa, pur riferendosi specificamente ai mattoni di epoca romana, viene oggi utilizzato per indicare tutta la vasta gamma di prodotti ceramici utilizzati per le costruzioni edili (murature verticale e coperture orizzontali).

Formatura

Il materiale base è costituito principalmente da argilla, formata da silice nella percentuale variabile attorno al 50%, più un 20-30% di carbonato di calcio, oltre a una modesta percentuale attorno al 2% di ossido di ferro e una percentuale a partire dal 4-6% di acqua. Il mattone, termine spesso usato impropriamente essendo il mattone uno dei vari materiali ceramici catalogati sotto il termine italiano laterizi, è oggi prodotto industrialmente e la sua formatura avviene soprattutto per estrusione. I mattoni possono essere pieni oppure forati con una percentuale di fori variabile sino al 25% di vuoto sul volume totale del pezzo. Comunque per la produzione più pregiata (cosiddetta “fatta a mano”) viene utilizzato anche lo stampaggio. I pezzi più complessi sono invece prodotti solitamente per colaggio, ma non si parla più di materiali per l’edilizia, ed in questo caso si aggiunge carbonato di sodio che funge da fluidificante. La dimensione del mattone è variabile,a seconda delle zone in Italia e dei Paesi nel mondo non discostandosi molto dalla dimensione del mattone che in Europa va sotto il nome di NF ( normalformato ) pari a mm 60 x mm 120 x mm 250.In alcuni Paesi si arriva a dimensioni pari a mm. 60 x 90 x 190.

Tipi di mattoni

  • Mattoni forati
    È il materiale da costruzione ceramico per eccellenza utilizzato per la realizzazione di tramezzi per interni edili, e per murature esterne portanti o non. Leggero inizialmente nei diversi spessori variabili da 5 sino a 20 cm., oggi raggiunge dimensioni notevoli pari a cm 25 x 50 x 25 nelle forme più varie e con livelli di isolamento elevati. Può avere due delle pareti esterne sagomate al fine di incastrare un pezzo con l’elemento adiacente e due pareti rettificate, al fine di ridurre lo strato di malta e valori inferiori al mm, ottenendo in tal modo grandi valori di isolamento ed elevati carichi di resistenza della muratura alla compressione.Si ottiene per estrusione.
  • Mattone semipieno
    È un mattone che ha una resistenza media rispetto al mattone forato e al mattone pieno. Anch’esso viene prodotto per estrusione. La percentuale di foratura varia tra il 15% e 45%. La sua dimensione pari approssimativamente a cm 12 x 12 x 25 è in sostanza il doppio della dimensione del mattone vero e proprio. In Italia è catalogato sotto il nome di DOPPIO UNI.
  • Mattone pieno
    Praticamente in disuso in quanto sostituito dal mattone forato, è utilizzato per la ristrutturazione di edifici classici( pareti portanti o facciavista di edifici). È prodotto per estrusione. Sono privi di foro o comunque con foratura limitata, inferiore al 15% dell’area complessiva. I più comuni sono quelli classificati come UNI 5628-65, e sono delle dimensioni di 5,5x12x25 cm.
  • Tavella
    È un elemento laterizio piano, le cui dimensioni sono all’incirca 40-60x25x3cm. Esiste anche la tavella sottotetto, utilizzata all’intradosso di solai e coperture in legno o misti legno-cemento. Le sue dimesioni sono all’incirca di 40x20x2cm
  • Pianella
    Elemento laterizio pieno di forma rettangolare piana di piccolo formato utilizzata nell’edilizia storica come tavolato d’intradosso di solai e coperture lignee, soprattutto nell’Italia centrale, e localmente anche detta “campigiana” Attualmente viene prodotta con le dimensioni di 13×23, 14×28, 15×30 e con spessore generalmente di 2,5 cm.
  • Tavellone
    È un mattone forato, caratterizzato da una particolare forma lunga e sottile, le cui dimensioni sono all’incirca 100-160x25x6-8cm.
  • Tegola
    È utilizzata per il manto di copertura dei tetti spioventi. Nella produzione sia antica che moderna si possono travare di varie forme estruse.

Essiccazione

Dopo la formatura, L’essiccazione avveniva un tempo all’aria, dunque a temperatura ambiente, secondo un metodo descritto di seguito: i mattoni venivano impilati a spina di pesce separati tra di loro a strati sovrapposti sino ad una altezza di circa 1,40 mt e posti sotto delle tettoie protette da teli. Il ciclo poteva durare una settimana ed era ovviamente condizionato in modo determinante dalle condizioni atmosferiche. La produzione avveniva nelle stagioni più miti e di conseguenza veniva interrotta nei periodi invernali Oggi la produzione è industrializzata, e di conseguenza può essere per tutto l’anno: l’essiccazione a seconda del tipo di materiale, delle caratteristiche della argilla e del tipo di essiccatoio, può avvenire in tempi rapidi ( da due a quattro ore ) ovvero in 12 sino a 48 ore. Si utilizzano sistemi detti essiccatoi, a tunnel nei quali il movimento del materiale è continuo in tutta la fase di essiccamento ( essendo variabili le condizioni di umidità e temperatura lungo il tunnel ) ovvero sistemi a celle, nei quali il materiale è fermo e variano nel tempo le condizioni di temperatura e di umidità, mediante immissione controllata come temperatura e portata di una corrente d’aria calda. Il processo di essiccazione richiede un controllo attento in funzione del materiale da trattare e dell’argilla impiegata, in modo da non creare tensioni interne nel materiale stesso che comporterebbero rotture sia nella stessa fase di essiccamento, sia in fase di cottura.

Cottura

Prima della cottura c’è una fase di preriscaldamento, che si opera facendo entrare i mattoni nel forno in controcorrente rispetto ai fumi di cottura del forno stesso, che avranno ovviamente temperatura maggiore della temperatura ambiente. La cottura avviene all’incirca tra i 900-1200 °C. Un tempo i forni utilizzati erano a fuoco mobile, mentre oggi si utilizzano soprattutto forni a fuoco fisso entro i quali i mattoni passano e subiscono appunto la cottura, che provoca la perdita di plasticità e lo sviluppo delle resistenze meccaniche. Fino ai 250 °C si perde l’acqua d’impasto, mentre, tra i 400 °C e i 600 °C si perde l’acqua di cristallizzazione. Tra gli 800 °C e in 900 °C il carbonato di calcio si decompone in ossido di calcio e anidride carbonica, mentre l’argilla si decompone in silice, allumina e acqua. La silice si combina così con l’allumina per formare la mullite (3Al2O32Si2O2). L’eccesso di silice si combina in parte con l’ossido di calcio ed in parte rimane così. Tra i 1000-1100 °C si ha invece un ritiro di cottura, una riduzione della porosità e il conseguente sviluppo delle resistenze meccaniche. I mattoni escono poi dal forno in controcorrente rispetto all’aria che entra dall’esterno nel forno per il suo funzionamento. In questo modo sono parzialmente raffreddati. Nei forni moderni nella zona successiva a quella di cottura si immette aria a temperatura ambiente (raffreddamento rapido); la temperatura viene abbassata fino a 650 °C circa. A 573 °C la silice libera subisce un passaggio di stato con diminuzione di volume, se questa soglia venisse superata rapidamente si avrebbero delle rotture nel materiale. Per questo motivo è opportuno che nell’arco da 650 °C a 500 °C la diminuzione di temperatura avvenga lentamente.

Difetti di cottura

Oltre ai mattoni correttamente cotti, si possono avere anche mattoni cotti male e dunque inutilizzabili. I mattoni troppo cotti sono detti ferrioli, sono scuri e hanno scarsa porosità. La carenza di porosità fa si che essi abbiano maggiori resistenze meccaniche, ma che aderiscano difficilmente alla malta cementizia una volta che sono messi in opera. I mattoni poco cotti sono invece chiamati albasi, sono di colore chiaro, molto porosi e dunque scarsamente resistenti dal punto di vista meccanico.

Controllo del mattone cotto

on è vero che i mattoni chiari sono poco resistenti, poiché a seconda del tipo di argilla il colore può variare. Infatti in alcuni casi il mattone chiaro è un mattone cotto sopra i 980 °C, invece mattoni cotti a circa 800 °C appaiono rossi. Per quanto riguarda il mattone molto cotto dove non attacca la malta, bisogna dire che sono quei mattoni che arrivati ad altissime temperature, stanno per “rifondersi”, e possono assumere anche il colore verde. Quindi bisogna fare molta attenzione a giudicare il mattone solo dal colore, e per capire se è ben cotto o meno, basta controllare l’assorbimento dell’acqua.

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